Riproponiamo questa rubrica, con una delle poesie più belle di Claudio Sterpi, noto poeta romano che ha più volte collaborato con il nostro giornale e che, purtroppo, pochi giorni fa ci ha lasciato. Questo sonetto è un meraviglioso acquerello che descrive le tipografie e la composizione a zinco dei fogli a stampa, prima che il digitale rivoluzionasse tutto, mentre rinviamo al n° 2 dell’anno XVI, per il suo “Piazza di Spagna con la foto della scalinata la mattina dopo il restauro
Vecchia Stamperia
Pare un vespaio pieno de mistero
quer cassone de zeppi inargentati,
che cianno su la testa, arivortati,
li segni pronti a diventa penziero.
Co mano sverta vengheno pescati
e sistemati a verzo sopra un fero,
tutti de fila, come su un sentiero,
dritti, precisi: pareno sordati.
Ner mentre che la riga pija vita
er vecchio stampatore l’accarezza
come quanno l’avesse partorita.
Er libbro che, finito, s’allontana,
diventa un fiore e porta la ricchezza
dentro ar giardino de la storia umana.